venerdì, dicembre 15, 2006

cestini intrecciati


Sono cestini intrecciati con i nastri che mi ha insegnato un'amica.
Li ho preparati per contenere sacchetti di biscotti o cioccolatini.
In questi sacchetti ci sono frollini alla vaniglia e al cioccolato e le gocciole.
Mi sembra bello fare un regalino preparato con le proprie mani.

lunedì, dicembre 04, 2006

RACCONTO DI NATALE

I DUE BARBONI

di Adriano Galasso

Era la sera dell'antivigilia di Natale. Nell'atrio della Stazione Centrale di Milano due vecchi barboni si trascinavano stancamente, molto stancamente, in cerca di un angolino un po' riparato per trascorrere la notte al riparo da un freddo crudo e avvolgente.
Uno era Ciccillo Ruoppolo, detto "Terzo Binario", per il fatto che molto spesso era facile trovarlo proprio là perchè andava a contemplare l'espresso delle 20,45: Milano C.le - Napoli-Mergellina. Vi andava solo per leggere quel Napoli-Mergellina che suscitava in lui ricordi struggenti di malinconica bellezza.
L'altro era un ignoto milanese, detto "el Prevost" perché pare che in gioventù sua madre, donna di facili costumi, lo avesse affidato alle suore che poi lo dirottarono in seminario a Venegono, in cui rimase pare alcuni anni controvoglia finchè alla prima occasione scappò e di lui non si sa molto di più se non che ebbe una vita che per comodità d'uso diremo travagliata.
I due si sistemarono a ridosso della biglietteria, che ormai stava per chiudere, perchè dall'interno usciva un po' d'aria più tiepida.

- Neh Prevost, siccome ca nun me sento troppo bbene, lasseme l'angolo chiu in funno ca fa meno friddo.

- Va ben, mèttes ti. Però se te steet minga ben, perchè te ve no a durmì alla Misericordia?

- No, pecchè s'aggia murì, voglio murì a casa mia, comme a nu signore.

I due tolsero dalle loro grandi bisacce alcuni cartoni che misero sul pavimento e vi ci si sistemarono sopra; poi si tirarono addosso alcune coperte unte e bisunte e scomparvero sotto di esse.
Verso le due di notte quel po' di tepore dei caloriferi della biglietteria, ormai spenti da un bel po', lasciò spazio ad un freddo sempre più aggressivo.

- Prevost...

- Sè ghè?

- Vieni più vicino a me, ca tengo fridde...

- U' frecc anca mi.

Si portò vicino all'amico e con due coperte una sull'altra ebbero un po' meno freddo.
Purtroppo Ciccillo stava sempre peggio, il freddo se lo stava portando via un po' alla volta.

- Secondo te - disse a Prevost - tu che hai studiato religgione, si i' moro vaco in Paraviso?

- In prima classe, vista mare!!!

- 'O mare e Napule?

- Certamente!

- Allora so cuntento assaie!

- Però tu mi devi promettere che quando stai lassù, in nome della nostra amicizia, metti una buona parola per me, per farmi vivere un poeu mej che inscì.

- Sicuramente, 'o primme penziero sarrà pe te. Nun te preoccupà, la tua vita cambierà da così a così, ma tu stamme cchiù vicino ca tengo troppo fridde e i’ ti regalo la mia bisaccia.

Prevost si tenne ancora più stretto all'amico Ciccillo, tentando di riscaldarlo come poteva.
Ma tutto fu invano, egli di lì a poco spirò, un po' per il freddo e un po' per l'età.
Alle quattro del mattino si trovò a passare di lì una pattuglia di Carabinieri in servizio che vedendo Prevost che piangeva disperato si fermò. Un carabiniere si chinò su di lui per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa...

- Ciccillo è morto...­- disse singhiozzando. -

I carabinieri chiamarono un'ambulanza e il medico potè solo che constatarne il decesso.

- NO, quella bisaccia la prendo io, me l'ha regalata lui prima di morire.

E poi rivoltosi a un carabiniere:

- Secondo lei quanto tempo ci vuole prima che lui arrivi in Paradiso?

- Mah, penso un paio d'ore, il tempo dell'accertamento del decesso e preparare le carte. Dipende da quanto lavoro c'è.

- Grazie, lei non lo sa, ma mi ha promesso che appena arrivato ci avrebbe messo una buona parola che ce ne ho di bisogno, come vede.

Intanto le ore passavano. Alle 10 arrivò una signora con un Albero di Natale pieno di palline multicolori.

- Senti, te lo regalo da parte della mia associazione, così anche per te il Natale sarà più lieto.

Lo posò a terra vicino a lui e premuto un interruttore lo accese.

- Ciao e Buon Natale neh!!!

E così come era venuta se ne andò.
Prevost non disse una parola, ma dentro di sè pensò che se quello era il segnale che in Paradiso qualcuno aveva provveduto a mantenere la parola data in punto di morte, il risultato era certamente inferiore alle attese.
Passò un'altra ora e non successe niente.
A mezzogiorno, fu preso dallo sconforto.

- A quest'ora è arrivato sicuramente in Paradiso e oramai di me si è certamente dimenticato. E' il solito napoletano che mi ha fregato.

- Terùn de la malora - disse fra sè.

Si alzò e tirò un calcio all'alberello di Natale facendo correre tutte le palle per l'androne della biglietteria. Poi si sedette vicino alle due bisacce e dato che la fame si faceva sentire, andò a frugare prima in quella di Ciccillo, sperando di trovarvi del cibo, dato che era ben gonfia e pesante. L'aprì, ma di cibo nemmeno l'ombra. A prima vista apparvero ai suoi occhi solo dei miseri indumenti sporchi da far paura. Vincendo il ribrezzo cominciò a vuotarla, tanto ormai era roba sua.
Ma quale non fu la sua sorpresa, roba da restarci secchi: sotto quel po' di indumenti apparvero pacchi e pacchi di banconote...: trent'anni di elemosine accuratamente custodite in sacchetti del supermercato.

A Prevost cominciarono a tremargli le gambe e poi anche il resto.
Richiuse la bisaccia, si guardò intorno, ma vide solo gente che correva senza curarsi di lui, come le altre volte.
Si vergognò di se stesso per aver pensato male del suo amico napoletano.
Dunque in Cielo aveva parlato con la persona giusta e il risultato era davvero troppo abbondante: non era stato dimenticato.
Corse con le sue bisacce all'obitorio per rivedere per l'ultima volta il suo amico Ciccillo che per lui tanto aveva fatto.
Ma fece di più.

- Questo signore - disse all'impresario delle pompe funebri - verrà sepolto a Napoli e in un posto privilegiato: vista mare.